Inizia la stagione vegetativa e si accrescono i timori dei frutticoltori per i possibili danni da gelate primaverili che possono verificarsi e ripetere la cattiva annata 2021, rilanciati da profeti di sciagure che accrescono ansie e tensioni di cui non se ne sente il bisogno nella congiuntura drammatica che stiamo vivendo.
Uno sguardo sull’andamento attuale della stagione ed alcune riflessioni che possono rivelarsi utili nel momento in cui si progetta un frutteto e per la sua futura gestione.
L’importanza dei fattori climatici
In Italia si assiste ad un forte ridimensionamento delle produzioni frutticole nel corso degli anni, non sempre strettamente dipendenti dalla diminuzione delle superfici coltivate, considerato che, grazie all’innovazione varietale, si realizzano migliori performance produttive unitarie.
Negli ultimi lustri i danni maggiori sono riconducibili ad eventi climatici che hanno fortemente compromesso la potenzialità produttiva di interi distretti nazionali, ai quali si associano le varie emergenze fitosanitarie. Questi fenomeni non si limitano ad eventi accidentali (grandine, vento, forti piogge), ma si riferiscono ad andamenti climatici stagionali anomali ed inconsueti, non scanditi e recepiti con la naturale sequenza del passato: inverno rigido, primavera tiepida, estate calda.
Il report dell’IPPC (Intergovernamental panel on climate change) del 2018, indica un riscaldamento globale di 1,0°C rispetto ai livelli di temperatura del periodo preindustriale causato dalle attività umane, con proiezioni di crescita fino a 1,5°C entro la fine del secolo.
In Italia, i dati raccolti dal CREA-OFA di Forlì che ospita importanti collezioni varietali di pomacee e drupacee evidenziano come, in oltre un quarantennio di rilevazioni climatiche nell’area (comparazione fino al 2015), ci sia stato l’aumento di 0,45°C per decennio. Ciò ha portato ad un anticipo di vegetazione e di fioritura delle varie specie fruttifere osservate, con frequenza del fenomeno più accentuata a partire dagli anni ’90, se confrontata con quella dei decenni precedenti.
E’ ormai consuetudine ad ogni inizio stagione l’allarmismo, sulle fioriture anticipate e sui danni da gelo, rilanciato da più parti, che sottolineano un comportamento improprio delle specie, e nell’ambito di queste, delle varietà che mostrano un anticipo di fasi fenologiche per così dire, anomale o non attese.
Non deve essere dimenticato che il dato relativo alle ore di freddo accumulate, va incrociato con il fabbisogno in freddo delle singole specie e varietà – Chilling Unit (CU), nonché del fabbisogno in caldo (GDH), necessario alle stesse per fiorire.
L’evoluzione varietale in frutticoltura dal dopoguerra ad oggi
Quando si è alla continua ricerca del segmento di mercato più remunerativo, quale è ritenuto quello precoce, molte volte le scelte vanno verso varietà a basso fabbisogno in freddo e tecniche colturali -applicazione degli interruttori di dormienza, per raggiungere tale obiettivo.
Ma ciò non sempre è sufficiente a giustificare e dare una spiegazione a ciò che annualmente si verifica nei nostri frutteti.
Una riflessione sull’evoluzione della frutticoltura nel nostro Paese, forse permetterebbe di contestualizzare in un quadro più ampio gli effetti dei cambiamenti climatici sulle diverse specie e sulla frutticoltura più in generale.
Considerando il pesco, prima che i programmi di miglioramento genetico condotti dalle istituzioni scientifiche nazionali proponessero nuove varietà, poi affermatesi anche in ambito internazionale, l’innovazione frutticola nazionale dipese da cultivar di origine americana tutte contraddistinte da fabbisogno in freddo medio-elevati, dalle 650 alle oltre 1000 ore. I frutticoltori più anziani ricorderanno varietà come Springtime, Coronet, J.H. Hale, Springold, Red Haven, Early Red Haven, Cardinal, ecc, che avevano il comune denominatore di essere state costituite e selezionate in stati a clima continentale.
Fu poi la volta delle varietà costituite al sole della California, caratterizzate dall’avere, in molti casi, un fabbisogno in freddo di qualche centinaio di ore più basso rispetto alle prime varietà di pesco made in USA.
A partire dal 2000, le varietà coltivate derivano dai programmi di breeding degli spagnoli Planasa, PSB, Provedo e ASF, in gran parte caratterizzate da un fabbisogno in freddo medio-basso, compreso tra le 180 e le 450 CU, e da un’intensa colorazione rossa della buccia, uno dei caratteri in grado di conciliare le necessità dei frutticoltori ed i gusti dei consumatori. Non bisogna tuttavia tralasciare la caratteristica della fioritura precoce, nel periodo compreso tra fine gennaio e fine febbraio, che in media anticipa questa fase fenologica da 4 a 6 settimane rispetto alle varietà precedentemente coltivate. L’affermazione di queste varietà ha quindi causato un aumento del rischio di danni da gelo a causa dei ritorni di freddo.
L’andamento climatico 2022
Alla data odierna (27 febbraio), l’avvio di stagione sta avvenendo con un accumulo di ore in freddo tra 500-750 CU nei differenti areali frutticoli meridionali. Le piante hanno di fatto accumulato le ore in freddo necessarie. Le fioriture sono iniziate generalmente con circa una settimana di ritardo rispetto allo scorso anno e con la caratteristica di essere omogenee, compatte, non eccessivamente prolungate.
Questo è anche il risultato di un inverno con clima umido, anche se non piovoso, che ha evitato la disidratazione delle gemme e favorito l’accumulo di ore in freddo.
Il comportamento di alcune nuove varietà
Molte varietà – le nettarine Patagonia, Garcima, Flariba, le pesche Astoria, Plagold, Sagittaria, ecc. nei comprensori meridionali fioriscono già dalla seconda metà gennaio, risultando particolarmente esposte a rischi di gelate tardive.
Annualmente sono introdotte e proposte oltre 150 nuove varietà tra pesco, nettarine ed albicocco. Questo complica le scelte del frutticoltore, alla perenne ricerca della varietà “panacea”. Il rischio di sbagliare è elevatissimo anche quando la scelta è fatta prendendo quante più notizie possibili.
Sarebbe necessario che i costitutori o i licenziatari, laddove ci sono distretti produttivi idonei alla frutticoltura, svolgano una valutazione e validazione in loco.
Nella realtà italiana, fatta di tanti microclimi e di frutticoltori con superfici disponibili frammentate e medio-piccole, è fondamentale scegliere varietà che rispettino appieno le caratteristiche del proprio ambiente di coltivazione (vocazionalità), che diano sufficienti garanzia di successo.
In futuro, è indispensabile che i costitutori forniscano precise informazioni sulle caratteristiche delle varietà, e che queste siano correlate ai parametri pedoclimatici degli areali di coltivazione. Un approccio razionale che permetta di correlare dati biologici e ambientali, aspetto che di per sé dovrebbe essere alla base della progettazione di nuovi frutteti, ma che evidentemente non costituisce ancora il fondamento di scelte ragionate e ponderate.
Alcuni accorgimenti tecnici da adottare
Oltre che alle caratteristiche fisiologiche delle singole varietà, alcuni fenomeni susseguitisi nel tempo meritano di essere evidenziati: la tardiva caduta delle foglie, l’abscissione o la mancata apertura delle gemme, il risveglio vegetativo e le fioriture prolungate, le gelate tardive che ormai costituiscono eventi frequenti. Tali fenomeni, che si aggiungono all’eventuale parziale soddisfacimento dei fabbisogni in freddo ed in caldo, sono spesso riconducibili proprio al mutato panorama delle varietà oggi coltivate ed al diverso comportamento di queste cultivar rispetto a quelle storicamente coltivate, il cui comportamento era ormai noto da tempo ai produttori.
Con l’ampia diffusione del nuovo parco varietale, i frutticoltori hanno subito dovuto interfacciarsi con nuove problematiche tecniche. Innanzitutto, la lunga stagione vegetativa con la permanenza delle foglie fino al mese dicembre. Per favorire la loro caduta e quindi l’avvio del riposo vegetativo e l’accumulo di C.U., è ormai prassi ricorrere a pesanti distribuzioni fogliari di soluzioni a base di rame, o praticare tagli profondi del terreno per ridurre la vigoria delle piante. Anche la pratica di somministrare circa 1/3 dell’azoto totale nel periodo del post raccolta necessita di essere rivista per non favorire un prolungato lussureggiamento della vegetazione.
La potatura meriterebbe una profonda rivisitazione per contribuire alla gestione della problematica relativa al mancato soddisfacimento in freddo. Attualmente prevale l’esecuzione di interventi temporalmente sdoppiati tra potatura estiva e completamento nella fase invernale.
In base alle ore di freddo accumulate, ed a fenomeni quali cascola di gemme o gemme cieche, l’esecuzione della potatura invernale più a ridosso della ripresa vegetativa, di sicuro permetterebbe di meglio valutare il carico gemme da lasciare e assicurare un colrretto potenziale produttivo alla pianta.
In ultimo, l’attenzione ad una corretta nutrizione del frutteto, per favorire una bilanciata presenza di soluti (Ca, K, P, Zn, Fe) nella fase del germogliamento, al fine incrementare la resistenza al gelo delle gemme, dei fiori e dei frutticini appena allegati.
Un’attenzione particolare meritano le tanto propagandate soluzioni “no frost”, “gelo stop” ecc., che finiscono per avere un peso economico notevole nei costi di gestione del frutteto, e che in alcuni casi sono la fonte di residui di acido fosforoso, fosfiti ed altri metaboliti che causano deprezzamento della produzione o il suo respingimento.
Conclusioni
L’innovazione, declinata nelle diverse sfaccettature – varietale, tecnica, gestionale, ecc., come mezzo e strumento di per sé sufficiente a garantire la sicurezza degli investimenti ed assicurare i successi commerciali, necessita pertanto di essere conosciuta, interpretata e propriamente attuata.
E questo va oltre i proclami di sciamani e/o profeti di sventura, ma è questione nelle mani di tecnici scrupolosi e frutticoltori preparati.
Data di pubblicazione: 03/03/2022