In tale contesto è improprio definire quella del ciliegio una filiera produttiva, in quanto i diversi attori risultano entità a sé stanti, completamente disarticolati, senza una vera connessione tra la fase produttiva e quella della commercializzazione.
Bisognerebbe prendere l’esempio da altre filiere – il melo è l’esempio eclatante – per intendere cosa significa il rapporto tra i diversi segmenti. Le scelte dovrebbero essere operate per il raggiungimento dei migliori risultati, ben consapevoli che la redditività dei frutticoltori non può essere depressa e penalizzata oltre ulteriori limiti al ribasso. Pena l’abbandono degli impianti e il peggioramento della situazione. Le scelte di sviluppo non vanno lasciate alla libera interpretazione o agli interessi dei singoli soggetti che compongono la filiera, che anche in maniera inconsapevole operano secondo criteri non oggettivi.
Al riguardo, il grido di allarme è stato lanciato più volte dalle grandi packing house che operano in provincia di Bari, che racchiude circa la metà della superficie coltivata nazionale. Strutture tra le più significative in campo internazionale per il condizionamento dei frutti, ma che raramente riescono ad esprimere tale potenziale per l’insufficienza e la non idoneità del prodotto che viene conferito dal mondo produttivo.
Si sta facendo largo, ormai, la convinzione che la competitività sul mercato sia possibile sino alla seconda settimana di giugno, quando ha termine il grosso della fase di produzione e lavorazione della Ferrovia, varietà molto conosciuta, attesa ed apprezzata dal mercato. Altri competitor – Turchia su tutti – sono in grado di offrire un prodotto standardizzato e garantito per diverse settimane con la cv Ziraat 0900, coltivata in aree che vanno dal livello del mare fino ai 1500 metri di altitudine ed oltre.
Data di pubblicazione: 15/02/2017