Intervista a due voci in concomitanza del Convegno Nazionale del Ciliegio svoltosi a Vignola lo scorso 25 febbraio.
Abbiamo chiesto a due dei maggiori esperti italiani di cerasicoltura, il Dr. Walter Monari (responsabile del Consorzio della Ciliegia, della Susina e della Frutta tipica di Vignola) e il Dr. Luigi Catalano (Agrimeca Grape and Fruit Consulting di Bari) quali risposte il Convegno è in grado di dare su tematiche di particolare attualità, riguardanti le rivoluzionarie innovazioni tecniche e genetiche della coltura, le aspettative generate dal mercato negli ultimi tempi e le prospettive di sviluppo nei prossimi anni. Gli investimenti unitari molto alti (> 40.000 €/ha) della cerasicoltura frenano davvero i nuovi impianti, permanendo alti i rischi, soprattutto per gli eventi climatici?
Cosa significa la modifica del Disciplinare del Consorzio della Ciliegie IGP di Vignola?
(W.M). La modifica del Disciplinare significa principalmente permettere ai produttori di marchiare un maggior quantitativo di prodotto di qualità; le modifiche fondamentali sono:
- ampliamento del calendario varietale: oltre alle varietà già ammesse (Bigarreau Moreau, Mora di Vignola, Durone dell’Anella, Anellone, Giorgia, Durone Nero I, Samba, Van, Durone Nero II, Durone della Marca, Lapins, Ferrovia, Sweet Heart), sono state introdotte Early Bigi e Early Lory, B. Burlat, Celeste, Giant Red – Primegiant, Carmen, Grace Star, Santina, Vera, Cristalina, New Star, Black Star, Canada Giant, Regina, Summer Charm (Staccato);
- inserimento della forma di allevamento a fusetto ed aumento della densità d’impianto fino a 2.000 piante per ha, per venire incontro alle moderne tecniche colturali;
- potere decisionale del Consorzio sui formati delle confezioni per andare incontro ad eventuali richieste di mercato;
- possibilità di effettuare la vendita frazionata al consumatore finale a condizione che il prodotto sia collocato in specifici scomparti recanti, bene in vista, le stesse informazioni previste per le confezioni indicate nel disciplinare di produzione.
Il Consorzio attuale, seppur nella sua breve esistenza, ha finora atteso le speranze di partenza?
(W.M). Il discorso da fare sarebbe molto più ampio, legato non solo al disciplinare, ma all’IGP in quanto tale. Noi avevamo un marchio di provenienza (Vignola) che con gli anni era diventato anche sinonimo di qualità, che permetteva di vendere quasi tutte le nostre ciliegie marchiate a prezzi soddisfacenti. Con l’avvento dell’IGP, in particolare con solo una parte delle varietà, è diminuita la visibilità del marchio Vignola; si è passati infatti dal 90% del prodotto marchiato al 27%, con aumento di costi e burocrazia e senza un ritorno economico tangibile per i produttori. Io credo che per avere una possibilità di ritorno economico si debba, ammesso sia possibile, tornare a marchiare quasi tutta la produzione di qualità.
Ritiene a questo proposito che sulla qualità verranno portate nuove conoscenze tecnico-operative capaci di innalzare lo standard e quindi l’apprezzamento dei consumatori? O si dovranno fare linee “Premium” per farle preferire?
(W.M). Io credo nelle conoscenze e nelle innovazioni tecniche, ma credo anche che sia importante avere comunque all’interno dei marchi delle linee di qualità, ad es. Prima – Extra – Top Quality.
Come mai, nonostante la rivoluzione tecnologica (nuove varietà, portinnesti nanizzanti, alta densità d’impianto, reti di protettive) la cerasicoltura non riprende slancio?
(W.M). Siamo sicuri che se la cerasicoltura in Italia aumentasse ulteriormente ci sarebbe un guadagno per i produttori? Per quanto riguarda le nuove varietà e i portinnesti credo sarebbe bene per la coltura avere una migliore/maggiore ricerca a monte (con valutazioni più approfondite prima di immettere le novità sul mercato) in modo da diminuire sensibilmente i margini di errore nei nuovi impianti.
(L.C). Molte volte i risultati di questa rivoluzione tecnologica non sono spendibili in tutti gli areali di coltivazione. Ciò è il risultato, da una parte, di un’insufficiente sperimentazione nelle differenti condizioni pedo-climatiche, dall’altra dell’impreparazione di tecnici e frutticoltori a ben interpretare e gestire l’innovazione nelle diverse situazioni.
Senza indicare specificatamente i diversi casi per evitare spiacevoli equivoci e il rischio di pericolose generalizzazioni, molte nuove varietà hanno tradito le aspettative; i portinnesti nanizzanti non sempre risultano idonei alle caratteristiche ambientali e pedologiche delle diverse aree di coltivazione, non permettendo così lo sviluppo di impianti ad alta intensità, ecc. Tutti questi fattori giocano un grosso ruolo nel far apparire priva di slancio una moderna e razionale interpretazione della cerasicoltura. Si ritiene che laddove l’innovazione, intesa come la soluzione disponibile e matura per superare eventuali difficoltà tecniche, economiche e sociali riscontrabili nelle attività produttive di uno specifico territorio, è ben interpretata, anche in forme non così avanzate, è sempre foriera di buoni risultati. Cosa dire di un impianto a vaso catalano ben condotto, coperto, con impianto di fertirrigazione, utilizzando portinnesti e varietà tradizionali come il magaleppo e Bigarreau Moreau o Ferrovia?
Si può ancora fare cerasicoltura senza “reti protettive”?
(W.M). Se per reti intendiamo le coperture antipioggia la cerasicoltura può farne a meno nelle zone a bassa piovosità nel periodo maggio-giugno. Nel Vignolese stanno diventando quasi indispensabili. Per quanto riguarda, invece, la protezione dagli insetti, credo che, prima di poter rispondere con certezza, siano ancora necessari anni di sperimentazione e valutazione dei costi per poter avere certezze sulla redditività della coltura. Io auspico, comunque, una risoluzione del problema degli insetti che non preveda l’utilizzo di reti, che sono di costo elevato e difficile gestione.
(L.C). Alla luce delle ultime stagioni funestate da eventi climatici che hanno fortemente ridotto il potenziale produttivo della cerasicoltura pugliese, ed in vista di possibili future prossime emergenze da affrontare (vedi Drosophila suzukii), il ricorso a strutture di protezione appare inevitabile. È un percorso obbligato che in Puglia ha riguardato la totalità della viticoltura da tavola, seppur con diverse tipologie di copertura, ognuna specifica ai precisi obiettivi da raggiungere: anticipo o posticipo della raccolta, difesa antigrandine, riduzione dei danni da vento, influenza sulla qualità dei frutti, ecc.
Cosa rappresenta la quota di rimonta dei nuovi impianti rispetto ai vecchi obsoleti (è positivo o negativo l’ettarato complessivo della sua regione)?
(W.M). Io credo, senza guardare le statistiche, ma osservando la realtà degli impianti, che il bilancio come ettarato del ciliegio sia negativo, in quanto si mettono a dimora meno impianti di quelli che smettono di produrre perché abbattuti o obsoleti, ma credo anche che la produzione, sia in termini di quantità che di qualità, sia in aumento per effetto delle migliori performance dei nuovi ceraseti.
(L.C). Nelle ultime due stagioni sembra rallentata la tendenza all’incremento delle superfici perché altre specie come l’albicocco, ed un forte ritorno al mandorlo, stanno catalizzando l’interesse dei frutticoltori del Meridione. Forse dopo quasi 20 anni c’è una piccola contrazione delle superfici, specie nelle aree estreme non propriamente vocate che, con una certa superficialità, erano state interessate dalla coltura. Malgrado ciò, i dati Istat 2012 assegnano alla Puglia il 58,3% della superficie nazionale, con oltre 18.000 ha di impianti cerasicoli.
Quanto costa l’investimento per un impianto moderno ed efficiente (oltre 40-50.000 €/ha)?
Quanto deve anticipare il produttore prima che ci sia un “ritorno” adeguato?
(W.M). L’impianto moderno costa nelle nostre zone da 40 a 60-70.000 €/ha ed inizia a dare reddito dopo il 5° anno.
(L.C). Premesso che l’unica forma d’allevamento adottata è quella a vaso, con le diverse interpretazioni e tipologie, con una densità media di 600 piante/ha, una buona struttura di sostegno (con un sistema misto di putrelle in ferro e pali zincati) e teli di copertura in polietilene, costa circa 40.000 €/ha. Un investimento di tale entità si ammortizza in 6-7 anni.
È una questione di mancanza di capitali? La Regione pratica incentivi attraverso il PSR? Le OP che contributo concedono alle aziende attraverso l’OCM?
(W.M). La Regione Emilia-Romagna attraverso il PSR e le OP attraverso i piani operativi in ambito OCM hanno contribuito notevolmente in questi anni alla costituzione di nuovi impianti con sistemi antipioggia e antibrina, mediamente con un contributo pari al 30-35% della spesa ammissibile.
(L.C). La difficoltà ad investire in un momento simile è innegabile, ma soprattutto ci sono ancora sacche di resistenza a considerare ed interpretare la coltura secondo canoni di elevata specializzazione come per es. per l’uva da tavola. In molte situazioni è considerata secondaria, tale da non meritare tante attenzioni. La programmazione regionale prevederà forme di sostegno alla specializzazione della coltura nei prossimi piani di sviluppo rurale. In quanto al lavoro delle OP, tale forma di organizzazione è di fatto non operativa nel comparto della cerasicoltura meridionale, se non in sparuti casi.
L’assistenza tecnica per una coltura all’avanguardia come il ciliegio, così come è organizzata nel suo territorio, è realmente d’aiuto in tempi reali o il produttore deve fare da solo?
(W.M). L’assistenza tecnica è strutturata in modo da dare risposte ai produttori, ma è sicuramente migliorabile.
(L.C). Negli ultimi anni si sta formando una generazione di tecnici in grado di incidere nel comparto e di fornire reali benefici ai produttori. Il ricorso a tecnici da parte del cerasicoltore è sempre più diffuso, ma bisogna impegnarsi ancora di più per introdurre e gestire nuovi portinnesti che potrebbero risolvere alcune problematiche agronomiche; meglio interpretare le diverse esigenze delle nuove varietà introdotte e migliorare la gestione della chioma per una più efficiente redditività degli impianti.
Ci sono reti di monitoraggio per stabilire parametri e linee guida per la fertirrigazione, la difesa, la protezione e il raggiungimento della qualità? Chi le gestisce?
(W.M). Queste cose sono fatte dai tecnici che forniscono assistenza; l’assistenza tecnica regionale, soprattutto quella che fa capo alle strutture organizzate, è ampiamente dotata di esperienza e di strumenti diagnostici o programmi informatizzati di supporto alle scelte agronomiche.
(L.C). In generale le norme di gestione ecocompatibile emanate ed aggiornate annualmente dalla Regione Puglia costituiscono una base attendibile di riferimento. Non esiste una rete organizzata per il raggiungimento di questi obiettivi. Le grosse centrali di condizionamento private che operano sul territorio orientano i propri conferenti fidelizzati verso i criteri da seguire per disporre di produzioni che rispondano ai propri programmi commerciali. Nella realtà, poi, si trovano spesso a gestire masse di prodotto che non permettono loro lo sviluppo di programmi in linea con le richieste dei propri “buyer”.
Esiste un servizio qualità delle ciliegie? Chi lo gestisce in fase pre- e post raccolta? L’ente pubblico, le OP o l’imprenditore da solo?
(W.M). Il sistema di qualità è gestito dal Consorzio della Ciliegia, della Susina e della Frutta tipica di Vignola, dal Consorzio di Tutela della Ciliegia di Vignola IGP e dalle OP.
(L.C). Non esiste un servizio di qualità per le ciliegie. Come detto in precedenza, in pre- e post-raccolta è gestito dalle centrali di condizionamento, con l’eccezione di pochi produttori che per la significatività delle proprie produzioni accedono direttamente al mercato, e quindi lo sviluppano in proprio a livello aziendale.
La distinzione e il riconoscimento dell’area produttiva attraverso i marchi consortili-territoriali vi è di aiuto o vi crea solo oneri?
(W.M). Noi abbiamo uno dei Consorzi più vecchi d’Italia nel settore ortofrutta che ha, dal 1965 (anno di nascita) ad oggi, in mezzo a tante problematiche, valorizzato una produzione che viene riconosciuta oggi di grande qualità in Italia e in Europa.
(L.C). Più di questi strumenti valgono le varietà e la qualità della ciliegia, e per questo la cultivar Ferrovia rappresenta per la Puglia un caso eclatante. È una varietà che di per sé e per la sua provenienza riesce ad attirare da sola il favore del consumatore. Piuttosto, si deve fare molta attenzione a non utilizzare fraudolentemente o incoscientemente questo “brand”, denominando come tale altre varietà, anche in epoche dove Ferrovia non è ancora matura o quando la sua raccolta è finita da tempo.
Quali prezzi accettabili per le tre categorie di ciliegie precoci, medie e tardive riterreste soddisfacenti e tali da remunerare i costi alla produzione? Conoscete i costi medi, calcolati per produzioni standard?
(W.M). In annate di produzione normale i prezzi che si possono considerare soddisfacenti sono i seguenti: ciliegie precoci € 3,5/kg; ciliegie medie e tardive € 3,0/kg.
(L.C). Per una remunerazione sufficiente il prezzo al frutticoltore non dovrebbe mai scendere sotto i 2,5€/kg. Un costo medio per kg di ciliegie prodotte oscilla tra 1 ed 1,5 € in riferimento alle diverse tipologie ed impostazioni aziendali.
Qual è il carattere più importante per fare qualità e quindi prezzo sul mercato? Faccia una scala d’importanza: la pezzatura, il colore, il gusto, la consistenza della polpa dei frutti?
(W.M). A mio avviso la scala d’importanza è: prima la pezzatura, poi la consistenza della polpa, poi il gusto e infine il colore.
(L.C). In ordine: pezzatura, colore, aspetto dei frutti (lisci, non raggrinziti e con peduncolo verde) consistenza della polpa e gusto.
Ritiene che il modo di confezionare vari tipi di cestini variamente accessoriati e attrezzati sia importante, non meno della qualità, per la vendita?
(W.M). Sicuramente è molto importante presentare bene il prodotto, ma la qualità è più importante della presentazione. Anche su questo argomento ci sarebbe da dire tanto…
(L.C). La qualità del prodotto è quella che spinge poi il consumatore a comprarlo nuovamente, quale che sia la maniera in cui gli viene offerto.
Ritiene necessario sviluppare una linea di refrigerazione e condizionamento delle ciliegie in tutto il percorso del post-raccolta fino al negozio finale?
(W.M). Sì.
(L.C). Le grosse centrali di condizionamento private che operano sul territorio sono tutte organizzate e provviste delle attrezzature più moderne per assicurare la catena del freddo ai frutti, a partire dal “cooling” fino al trasporto ai punti di vendita. Bisognerebbe invece molto migliorare la qualità della raccolta dei frutti in campo, da dove ha origine il successo o meno del prodotto.
Esprima rapidamente il suo pensiero sul futuro della coltura.
(W.M). La coltura del ciliegio a livello nazionale può avere ancora degli spazi diversificando il prodotto attraverso linee qualitative ed identificandone la provenienza locale e nazionale per permettere al “trader” di avere la possibilità di reperire sul mercato un prodotto riconoscibile per almeno quattro mesi. Non credo che si possa aumentare la produzione quantitativamente, credo invece che si debba aumentare la qualità media e che sia indispensabile lavorare e risolvere i problemi di questa coltura, primo fra tutti, in questo momento, quello della difesa da Drosophila suzukii.
(L.C). Alla pari di altre colture specializzate (in Puglia l’esempio d’obbligo è con l’uva da tavola), in futuro anche il ciliegio dovrà seguire questa forma organizzativa. Sparirà la cerasicoltura familiare, a contorno e sostegno di redditi di operatori non professionalmente impegnati in agricoltura. Di pari passo, anche se ci sarà una contrazione delle superfici, la maggiore dotazione strutturale degli impianti (vedi coperture), una migliore tecnica agronomica associata all’innovazione varietale, una maggior attenzione al raggiungimento degli standard qualitativi richiesti dal mercato, di certo miglioreranno le performance produttive, dando nel contempo soddisfazione ai coltivatori per una accresciuta redditività della coltura. Un’altra possibilità di segmentare l’offerta verso più elevati livelli qualitativi, per realizzare redditività maggiori, potrà avvenire con produzioni sviluppate nell’ambito dell’agricoltura biologica, in particolare per le varietà a maturazione precoce e media, di sicuro meno problematiche per il controllo della mosca delle ciliegie.
Fonte: www.rivistafrutticoltura.it
Data di pubblicazione: 01/04/2015