Si chiama Xylella fastidiosa ed il nome non sembra casuale. Il batterio che sta mettendo in ginocchio l’olivicoltura salentina rischia di diventare una grave minaccia.
Ma “fastidiosa” non è solo la Xylella e neppure la minaccia, lo è anche la speculazione intorno all’allarme che si sta sviluppando in Salento. Vip e personaggi senza scrupoli in questi mesi hanno cercato visibilità alimentando teorie complottiste: è il caso, ad esempio, di Sabina Guzzanti e della sua favoletta sul “batterio costruito in laboratorio da una multinazionale brasiliana“, tutto per spargere un “insetticida velenosissimo prodotto dalla famigerata Monsanto e di sradicare un milione di ulivi da sostituire con ulivi OGM immuni al batterio prodotti sempre dalla Monsanto, batterio forse inventato dalle stesse multinazionali che offrono il rimedio“. Tali olivi ogm, manco a dirlo, secondo taluni sarebbero prodotti in Israele, che mette sempre lo zampino in tutte le cospirazioni. C’è anche chi ipotizza cementificazioni o progetti di costruire campi da golf.
In realtà non esistono ulivi OGM, la Monsanto ha dichiarato di non aver “alcun prodotto fitosanitario in catalogo che ha come target il batterio Xylella fastidiosa” e la coltivazione di Ogm non è neppure permessa dalla legge italiana. La stessa Guzzanti, che non ha ovviamente la preparazione scientifica per infilarsi in un ginepraio del genere, ha fatto più volte marcia indietro. Intanto ha trovato modo per fare pubblicità al suo libro, che con la Xylella c’entra nulla ma è evidentemente in crisi di vendite.
Esclusi i surreali complotti, la questione è quindi delicata e va affrontata seriamente. Ci vuole competenza per farlo, per questo ci affideremo alle parole di chi padroneggia l’argomento.
Uno dei reportage più completi è stato pubblicato su Informatoreagrario.it: Emergenza_Xylella (QUI L’ARTICOLO COMPLETO), a cura dell’agronomo Luigi Catalano, definisce così la Xylella fastidiosa: “Xylella fastidiosa (Well e Raju) è un batterio gram-negativo che vive e si riproduce nei vasi xilematici (apparato conduttore della linfa grezza, ossia dell’acqua e dei soluti in essa disciolti) delle piante. A causa delle alterazioni prodotte è in grado di determinare anche la morte delle piante infette. Non è un batterio sporigeno e quindi non può trasmettersi mediante il contatto o diffusione aerea. La sua unica possibilità di trasmissione è attraverso gli insetti vettori che acquisiscono il batterio nutrendosi con l’apparato boccale succhiante nei vasi xilematici delle piante infette. Tra i sintomi tipici frequentemente associati alle infezioni da X. fastidiosa vi sono la bruscatura (disseccamento del lembo fogliare) delle foglie, il ridotto accrescimento e il disseccamento dei rami e dei germogli“.
Il batterio Xylella fastidiosa è associato alla malattia definita «complesso del disseccamento rapido dell’olivo» (CoDiRo),di cui è il principale agente. Tale ceppo, secondo Catalano, “È molto probabile che sia entrato con piante ornamentali dal Costa Rica o Centro America non necessariamente in provincia di Lecce o in Italia, ma anche da qualche Paese comunitario che le aveva precedentemente importate, per poi commercializzarle in Europa“.
Il deperimento e la moria degli ulivi in Salento risale a 5-6 anni fa, nella zona di Gallipoli. Ad oggi appare evidente che più che puntare all’eradicazione della Xylella fastidiosa bisognerà trovare il modo per conviverci, cercando di contenerne il più possibile la diffusione sul territorio e relegarlo ad un’area confinata.
I maggiori ostacoli sono rappresentati dal silenzio della politica e dallo scetticismo di chi non crede nella buona fede della scienza e ancora non è convinto della gravità dell’evento. C’è anche una questione affettiva: gli ulivi rappresentano storia, cultura, tradizione, vita quotidiana, ricordi belli e brutti. Un patrimonio di amore e identità per tutti i salentini e non solo. Al momento non esistono però cure idonee a scongiurare una soluzione radicale. Per rendersi conto della realtà, basta osservare le distese di alberi spogli: solo un ricordo della florida e ricca vegetazione di un tempo, che chiunque ama il Salento spera ritorni.
Oggi l’intera provincia di Lecce è stata dichiarata zona d’insediamento di innumerevoli focolai. Uno di questi è stato segnalato anche ad Oria, in provincia di Brindisi.
Nel suo reportage, Catalano riassume le azioni svolte: “Le operazioni di campo furono innanzitutto mirate a un’azione di monitoraggio dell’intero territorio regionale, con particolare attenzione alla provincia di Lecce, per cercare di conoscere quanto più precisamente la presenza e la diffusione di Xylella fastidiosa in Puglia.
Oltre al monitoraggio, altre azioni avrebbero dovuto concorrere a contenere la diffusione dell’epidemia di Xylella fastidiosa. Tra di esse: l’eradicazione; le azioni di contenimento incluso il controllo dei vettori; l’applicazione di misure fitosanitarie obbligatorie; lo stretto controllo delle attività vivaistiche; l’informazione e divulgazione e infine la ricerca.
Alla fine di giugno 2014 risultavano raccolti e analizzati oltre 17.000 campioni (12.605 di olivo, la restante parte di altre colture) che permisero di delimitare una grande area infetta nell’entroterra di Gallipoli (oltre 23.000 ettari di zona focolaio su 70.00 stimati essere coltivati a olivo, con una zona tampone di 4.818 ettari), oltre a 5 focolai localizzati in vari punti della provincia per un totale di 104 piante infette e un totale di aree delimitate di 42 ettari di zona focolaio e 2.784 ettari di zona tampone“.
Le zone delimitate della provincia di Lecce sono le seguenti
1) fascia di eradicazione, dallo Jonio all’Adriatico con larghezza di 15 km;
2) zona cuscinetto di 2 km di larghezza;
3) cordone fitosanitario, esteso per ulteriori 2 km
Spiega ancora Catalano: “Nella zona di eradicazione dovranno essere eradicate tutte le piante infette, nonché quelle potenzialmente ospiti del batterio situate lungo i bordi di strade, canali, ecc. Nella zona cuscinetto, a ridosso della zona infetta, è obbligatorio estirpare tutte le piante ospiti lungo strade, fossi, canali, ecc. Dovranno effettuarsi operazioni meccaniche di trinciatura delle erbe spontanee infestanti che possono ospitare la sputacchina.
Le zone cuscinetto e cordone fitosanitario potranno ulteriormente allargarsi nella malaugurata ipotesi di un allargamento dei focolai individuati. Alcune pratiche agronomiche mirate dovranno essere poste in atto a seguito del chiarimento di alcuni aspetti epidemiologici del batterio. Accertato il ruolo di efficace vettore dell’insetto sputacchina, si dovrà cercare (obbligatoriamente) di contenere le sue popolazioni, combattendo le forme giovanili con arature, ricorrendo eventualmente anche allo sfalcio e alla trinciatura delle erbe infestanti che ospitano tali fasi del ciclo vitale dell’insetto.
Successivamente, nel periodo estivo la lotta sarà rivolta verso gli adulti tramite irrorazione della chioma delle piante utilizzando, nel caso dell’olivo, agrofarmaci impiegati di solito per i parassiti dell’olivo (…).
Affiancate a tale profilassi obbligatoria, potranno essere incrementate le azioni di controllo verso il rodilegno giallo, da tempo endemico nel territorio salentino e che in alcune zone infette mostra una certa recrudescenza, al fine di preservare l’integrità degli ulivi e ridurne la suscettibilità ad ulteriori attacchi parassitari.
Considerata la scarsa o nulla efficacia della lotta chimica, sono importanti gli interventi agronomici (rimozione delle porzioni disseccate e/o infestate) e l’eliminazione diretta delle larve nelle gallerie con l’uncinatura con filo di ferro“.
Il Salento e l’Italia non possono però contare solo sulle loro forze. L’atteggiamento della Comunità Europea appare un po’ ambiguo, dando l’impressione di accanirsi solo su chi ha subito il danno e non verificando adeguatamente se sia stato veicolato da altri Paesi. Né, soprattutto, verificando se il sistema di controlli in vigore sia in grado di garantire sufficiente protezione.
La UE chiede misure reali quali l’eradicazione delle piante infette su larga scala, minacciando di non erogare i fondi necessari agli interventi e al sostegno di aziende e imprenditori che hanno subito gravi danni economici. Un approccio decisamente burocratico e distaccato dalla realtà, inaccettabile nel momento in cui i 13,6 milioni di euro stanziati finora, di provenienza regionale, statale e comunitaria, sono del tutto insufficienti per le azioni da svolgere. Anche perché ci sarebbe bisogno di ulteriori fondi per garantire i risarcimenti a chi ha subito ingenti danni.
L’economia della provincia di Lecce rischia di restare in ginocchio. Il sacrificio richiesto ai salentini – rinunciare a parte integrante della loro storia, abbattere alcuni di quegli ulivi che rappresentano un simbolo del territorio – ad oggi non ha una compensazione adeguata. Mancano le risorse per affrontare l’emergenza, non mancano mai le pretese.
Emergenza_Xylella (QUI L’ARTICOLO COMPLETO)
Fonte: www.qelsi.it
Data di pubblicazione: 14/05/2015